Tutto quello che c’è da sapere sulla coltivazione dei semi di marijuana

Tutto quello che c'è da sapere sulla coltivazione dei semi di marijuana

Il lancio della cannabis light, la marijuana legale con un basso livello di THC, ha creato grande fermento intorno a questa pianta, tanto che sempre più persone hanno deciso di dedicare tempo ed energie alla coltivazione dei semi di marijuana. Per coltivare canapa in modo completamente legale le sementi devono rispondere al criterio imprescindibile di avere un limite di THC inferiore allo 0,2%, come regolato dalla Legge 242/2016. Non possono quindi essere utilizzati a questo scopo i semi da collezione, acquistabili esclusivamente ai fini della conservazione genetica in quanto la germinazione genererebbe piante ricche di THC, sostanza illegale.

Fatta questa doverosa premessa, possiamo entrare nel merito della questione. Chi è alle prime armi nella coltivazione dei semi di marijuana può incontrare delle difficoltà nella scelta della tipologia di seme da acquistare. Le varietà in commercio sono talmente tante che selezionare quella più adatta alle proprie esigenze e al proprio ambiente colturale è spesso complicato. Inoltre vengono usati dei termini a cui i neofiti sono del tutto estranei, come semi femminizzati o autofiorenti.

Chiunque voglia intraprendere la coltivazione di cannabis deve conoscere approfonditamente le caratteristiche dei semi nonché le relative necessità della pianta nelle varie fasi di sviluppo. Sono tanti i fattori da prendere in considerazione: le esigenze della pianta, lo spazio disponibile, il clima, le ore di luce nonché il risultato in termini di aroma ed effetti. Scopo di questo articolo è fornire alcuni utili consigli per aiutare il lettore a decidere quali semi di cannabis acquistare.

Vantaggi di coltivare i semi di marijuana

Spesso coloro che vogliono cimentarsi nella coltivazione della marijuana con livelli di THC nei limiti decretati sono indecisi sulla tecnica di inseminazione da usare: semi o talee? Ciascun metodo ha delle peculiarità che lo rendono più o meno appropriato a seconda delle circostanze; tuttavia, i semi offrono interessanti vantaggi che vale la pena sottolineare.

In primis, le piante che fuoriescono dai semi di canapa sono più forti in quanto sviluppano un possente apparato radicale in grado di fornire tutto ciò di cui la pianta ha bisogno per crescere. Inoltre il mercato offre una vasta gamma di varietà tra cui scegliere, e questo è un enorme vantaggio ai fini della resa in quanto il tipo di seme deve essere selezionato tenendo ben presente l’ambiente in cui verrà coltivato.

Un altro punto a favore dei semi è che non ereditano dalla pianta madre la vulnerabilità verso determinate malattie o parassiti, come invece succede alle talee, che sono spesso accompagnate da parassiti come tripidi, ragnetti rossi, funghi e molto altro ancora.

Per scegliere i semi di maria più in linea con i propri bisogni, tra quelli certificati per contenuto di THC, è necessario tenere in considerazione diversi fattori. Bisogna infatti valutare la quantità di spazio disponibile, scegliere tra coltivazione indoor e outdoor, idroponica o in terriccio, e pensare al clima, al fotoperiodo, al risultato in termini di sapore e aroma e ovviamente agli effetti ricercati.

Fondamentale è la consapevolezza delle proprie esigenze personali: per quale scopo si intende fare uso di marijuana, escludendo l’uso ricreativo? Per socializzare, aumentare la creatività, iniziare la giornata con una sferzata di energia, conciliare il sonno, combattere l’ansia, trattare problemi alimentari, alleviare i dolori o altri sintomi? Un ulteriore aspetto che merita attenzione è il sapore: fruttato, floreale, dolce, pungente o speziato?

Le aziende serie forniscono per ciascuno dei propri semi di marijuana una scheda dettagliata contenente le informazioni più significative riguardanti il prodotto (genetica, concentrazione di THC e CBD, altezza della pianta, tempo di fioritura, rendimento outdoor e indoor) nonché consigli relativi alla coltivazione per una resa ottimale della pianta.

I semi di canapa possono essere acquistati da chiunque abbia compiuto i 18 anni di età. Come sempre, il web offre sconfinate possibilità. Comprare online è più economico e veloce, ma bisogna avere l’accortezza di rivolgersi a siti online che abbiano una buona reputazione, perché la soddisfazione del cliente è l’indicatore più importante della qualità di un prodotto. Come testimoniano le numerose segnalazioni che si possono reperire in rete, uno dei venditori online più apprezzati è justbob.it, che presenta ottime genetiche, proponendo un ampio ventaglio di varietà, e garantisce un’ottima conservazione dei semi da collezionare.

È importante precisare che su justbob.it si possono trovare esclusivamente semi di marijuana da collezione, destinati cioè ad essere ammirati e messi in bella vista, ma non coltivati. La vendita dei semi da collezione, secondo la normativa vigente, è legale in quanto questa parte della pianta non contiene qualsivoglia traccia di principio attivo e non è quindi collocabile nella categoria delle sostanze stupefacenti. La germinazione dei suddetti semi è invece categoricamente vietata sul territorio italiano in quanto genererebbe piante atte a produrre effetti stupefacenti, quindi illegali.

A questo punto è doveroso approfondire l’aspetto legislativo della coltivazione della marijuana, su cui molti si interrogano. Sebbene il tema sia ancora molto dibattuto, piantare semi di canapa è previsto dalla legge e non si incorre in nessuna sanzione, sempreché il tasso di THC contenuto nella pianta non superi lo 0,2%.

Bisogna inoltre sottostare ad alcune regole per evitare di incorrere in problematiche di carattere legale o penale, come conservare l’etichetta dei semi piantati, per dimostrare che si tratta di canapa legale, e la ricevuta d’acquisto, per dare prova che l’acquisto è stato effettuato presso un rivenditore autorizzato.

Se la percentuale di THC è superiore allo 0,2% ma entro il limite dello 0,6%, il coltivatore non ha alcuna responsabilità, ma se supera lo 0,6%, il giudice può disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, nonché la reclusione da 2 a 6 anni. Per non avere guai giudiziari occorre inoltre tenere presente l’avvertenza sull’etichetta dei semi di cannabis acquistati, che specifica che si tratta di un prodotto da collezione non atto alla combustione.

Differenza tra semi femminizzati, autofiorenti e regolari

Una volta predisposti i comportamenti che rendono la coltivazione di marijuana legale, è necessario decidere verso quale tipologia di seme orientarsi. Chi ha intenzione di coltivare cannabis deve innanzitutto comprendere la differenza tra semi regolari, femminizzati e autofiorenti.

È doveroso premettere che questa specie vegetale è di tipo dioico, cioè esistono esemplari con fiori maschili e fiori femminili della stessa specie, e ci sono anche casi, seppur rari, di ermafroditismo. La differenza tra pianta maschio e pianta femmina si vede dal fiore: la prima sviluppa piccoli grappoli a forma di casco di banane contenenti il polline, la seconda sviluppa calici da cui spuntano i pistilli deputati alla cattura del polline. Una volta fecondata, la pianta femmina avvia la produzione dei semi.

I semi regolari sono quelli prodotti da una pianta femmina, cioè con due cromosomi XX, impollinata da una pianta maschio, avente coppia cromosomica XY. Sono chiamati regolari perché non sono stati né modificati geneticamente né sottoposti a trattamenti chimici. Quando si acquistano semi di marijuana con la scritta “Regolari” o “REG”, significa che ci sono pari probabilità che le piante generate siano maschili o femminili.

I semi femminizzati, invece, vengono ottenuti forzando una pianta femmina a produrre fiori maschili attraverso la somministrazione di acido gibberellico. Ciò fa in modo che la pianta produca semi con coppia cromosomica XX da cui si svilupperanno esclusivamente piante geneticamente femminili. Da un seme femminizzato non potrà mai nascere una pianta maschio; tuttavia, condizioni avverse di crescita, come sbalzi di temperatura, mancanza di acqua o cicli di luce irregolari, portano alcuni ceppi a produrre ermafroditi.

Se la scritta “Femminizzati” è accompagnata dalla dicitura “Autofiorenti” significa che quei semi sono prodotti dall’incrocio di una pianta maschio con una pianta femmina, dove almeno una delle due è caratterizzata da genetica autofiorente. I progressi nelle moderne tecniche di ibridazione hanno permesso di creare numerose varietà autofiorenti molto interessanti. A differenza dei semi regolari e femminizzati, che per la fioritura dipendono dal fotoperiodo (quantità di ore di luce), i semi autofiorenti iniziano a fiorire indipendentemente dal fotoperiodo. Da qualche anno a questa parte è disponibile un’ulteriore varietà: la marijuana ad alto contenuto di CBD, appositamente creata per chi ha bisogno di alte concentrazioni di cannabidiolo, come i consumatori a scopo terapeutico.

Generalmente i coltivatori di marijuana preferiscono i semi di marijuana femminizzati in quanto generano invariabilmente piante femminili, che producono cime ricoperte di cristalli di resina, uno degli aspetti più ambiti nelle piante di cannabis. Le piante maschili, invece, vengono viste come qualcosa di indesiderato perché potrebbero impollinare le proprie preziose piante femmina, indirizzando le loro energie verso la produzione di semi anziché verso lo sviluppo di cime dense e trasudanti di resina.

È incontestabile che le piante femmina rendano la vita del coltivatore molto più facile dal momento che lo sollevano dal dover controllare minuziosamente che non vi siano esemplari maschi. C’è però chi preferisce coltivare semi di maria regolari perché da essi si ottengono piante femmina geneticamente più stabili da clonare o anche perché sono convinti che le cime di una pianta femmina generata da semi regolari siano superiori. Inoltre i coltivatori più esperti amano creare nuove varietà con caratteristiche uniche (più saporite, più forti, più resinose, ecc.), e per fare questo servono piante maschio. Infine alcuni coltivatori preferiscono i semi regolari per coltivare il più biologicamente possibile.

La scelta del tipo di seme di marijuana dipende dai propri obiettivi di coltivazione. Se lo scopo è quello di raccogliere cime, allora conviene acquistare semi femminizzati; se invece si vogliono produrre semi o coltivare piante madre per ottenere talee si consiglia l’acquisto di semi regolari. L’uso dei semi autofiorenti è la strada migliore per chi è alle prime armi in quanto la pianta passa dalla fase vegetativa a quella di fioritura autonomamente, senza che il ciclo di luce venga modificato.

Sativa, Indica o Ruderalis: quale effetto aspettarsi?

Quando si tratta di semi di cannabis c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Le varietà in commercio sono tantissime e portano nomi pittoreschi (Godzilla Glue, Lebron Haze, Red Critical, Green Tiger, ecc…) che sono frutto di incroci tra le diverse varietà di marijuana, generalmente classificate in tre categorie: Indica, Sativa e Ruderalis. Sebbene sul mercato si trovino soprattutto degli ibridi, conoscere i tratti tipici di ciascun gruppo può aiutare a capire meglio quali semi scegliere e quale effetto aspettarsi in caso si abbia intenzione di coltivarli sul balcone di casa o nel giardino (sempre che abbiano un tasso di THC inferiore allo 0,2%).

La cannabis Sativa proviene dalle zone equatoriali ed è quella che raggiunge la statura più imponente. Le foglie, grandi e sottili, presentano la tipica forma a sette punte con cui viene comunemente rappresentata la pianta di marijuana. La varietà Sativa tende ad avere alte concentrazioni di THC (sostanza illegale) ed un basso contenuto di CBD. Si presta meglio alle coltivazioni outdoor: se coltivata al chiuso produce pochi fiori. Non tutti sanno che la canapa Sativa è molto ricca di cellulosa, tanto che in passato veniva largamente utilizza per produrre la carta, prima che le industrie iniziassero a sfruttare la fonte più abbondante ed economica di fibre naturali: le foreste.

Più piccola e cespugliosa, la cannabis Indica proviene dalle zone subtropicali più impervie e si è adattata a sopravvivere con una luce solare meno costante durante l’anno. Ciò spiega la forma delle foglie, più larghe rispetto a quelle della Sativa per massimizzare la ricezione della luce solare. La varietà Indica è caratterizzata da un alto contenuto di THC e concentrazioni rilevanti di CBD, per questo ha un effetto fisicamente rilassante e concilia il sonno. Le sue qualità psicoattive ne hanno permesso l’uso in pratiche religiose e meditative, soprattutto in India.

Infine, la cannabis Ruderalis, proveniente dalle regioni climatiche più fredde, come la Siberia e il Kazakistan, è una pianta autofiorente, pertanto la fioritura non è legata al fotoperiodo. Non ha bisogno di particolari cure, e infatti cresce anche abbandonata a se stessa. Questa varietà contiene livelli bassissimi sia di THC che di CBD perciò in forma pura è inefficace. Il rinnovato interesse nei suoi confronti è da attribuirsi all’utilizzo per la creazione di ibridi con un contenuto di principi attivi proprio dell’indica o della sativa, ma con la caratteristica di essere autofiorenti, e quindi più facili da coltivare.

Articolo scritto da Redazione PinkItalia