#SocialCafè, l’eleganza dello chef Gaetano Costa

Gaetano Costa, era il più basso tra tutti granatieri della caserma. Durante una giornata di libera uscita a Roma, decise di andare a visitare Piazza di Spagna, ma a causa dell’alto numero di persone presenti nel vagone della metropolitana, si ritrovò per errore a Piazza Barberini davanti all’hotel Majestic.

Rimase impietrito a guardare l’hotel per diversi minuti, finché non promise a se stesso che un giorno ne sarebbe diventato lo chef. Gaetano, non solo riuscì a realizzare il suo sogno, ma diventò anche il direttore dei due ristoranti interni al Majestic…

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  • E se quel giorno non avessi sbagliato fermata della metropolitana, cosa sarebbe successo?

Ognuno trova ciò che cerca e ciò che è, per questo penso che probabilmente sarei comunque diventato chef. Magari traendo spunto, o suggestioni, da altre fonti

  • Cosa ti cucinava tua madre quando eri bambino

Mi cucinava ogni cosa, perché sosteneva che: “Tutto fa bene”. A pranzo era usanza mangiare primo, secondo, e frutta. Mentre la sera secondo, con contorno e frutta… Siamo cresciuti tutti sani e forti. Non posso non ricordare il profumo del ragù napoletano della domenica mattina che invadeva casa già dalle dieci. Subito dopo aver fatto il “bagnetto”, come un rito consacrato, si tagliava il “cozzetto” del pane, si privava della mollica interna, e si riempiva con il sugo e una polpetta… Dolci ed eterni ricordi!

  •  Ti ricordi qual è stato il primo piatto che hai preparato? Ma soprattutto, come lo hai impiattato?

Il mio primo piatto che ho eseguito è stato “risi e  bisi”,  un classico. Lo imparai a scuola e lo replicai a casa. Ricordo che già mi sentivo padrone della situazione, ero così ispirato che dettavo ordini a mia madre. Ci sono alchimie, aneddoti e magie nelle cucine, così come ci sono anche tanti misteri. Anche se quando si parla di cucina si parla di scienza esatta. È come un chirurgo che ha fede.

Se io avessi perso di mira per un solo istante l’esecuzione di quel piatto, avrei dovuto buttare via tutto. Non è il caso di mia madre, lei anche se riceveva una telefonata mentre era ai fornelli, e si dilungava a parlare, il risultato era sempre lo stesso: non ho mai mangiato un sugo con un sapore diverso, e mai una pasta scotta… La chimica e la scienza cedono il passo al mistero, quello infinito delle mamme

  •  Quando hai capito che il tuo destino sarebbe stato quello di fare lo chef?

Appena arrivato all’Istituto Alberghiero di Ottaviano a Napoli per fare l’iscrizione al primo anno. Sono rimasto immediatamente colpito dall’ambiente elegante e dallo staff all’accoglienza. Mi piacque molto l’idea del team guidato da un capo, poi c’è  poco da dire , il fascino lo subisci , ed è da lì che è partito tutto. Il resto è fatica quotidiana alla costante ricerca di migliorare, fino a ritrovarmi, quasi per magia, capo servizio

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  • Cosa cucini a una donna per sedurla?

La mia idea di seduzione in cucina sta nell’essere me stesso, esattamente come nella vita. Non farei mai l’errore di organizzare una serata che non sia conforme al mio stile. Per sedurre una donna basta un tagliere di ottimi salumi e formaggi, accompagnati da un ottimo vino rosso…

  •  Sei molto attivo sui Social Network, in particolare su Facebook, dove proponi delle mini ricette per i tuoi followers. Perché questa scelta?

I social impazzano ed è giusto e doveroso stare in linea con i tempi. Il pubblico è molto interessato e incuriosito dalle opinioni degli addetti ai lavori. Facebook, come tutti gli altri social, non solo aiuta ad ampliare le conoscenze e a interagire con il mondo in tempo reale, ma anche a fidelizzare, e a tenere costantemente informato il tuo pubblico. Le mini ricette in realtà, sono diavolerie che servono per diversificare i contenuti e non rischiare di annoiare. La noia è il peggior nemico di chi comunica, bisogna fare molta attenzione. Chi si rinnova, e si ripropone in diverse forme e linee, tiene attivo anche un cliente che non necessariamente viene a farti visita con una frequenza mensile

  • Nonostante i tuoi impegni, al ristorante sei sempre presente. Tanti tuoi colleghi invece preferiscono la fama televisiva, lasciando comunque la loro firma al locale. Non pensi che alla lunga questa scelta possa essere controproducente?

Credo di sì. Bisogna distinguere i posti per zone, ad esempio: chi ha un ristorante a Roma, in Piazza del Popolo, ne risente meno di chi lo ha in periferia, fatta eccezione per alcuni posti che per alchimia sono ben gestiti e baciati dalla fortuna. Questo accade perché spesso, e soprattutto in Italia, non è solo il prodotto a trainare, ma anche chi lo gestisce. Chi non ha il “jolly” dei passanti, alla lunga rischia di veder trasformare la sua professione da chef patron a chef della TV per abbandono della clientela.

All’estero l’approccio è differente, quando lanci un locale, è il locale stesso a fare da traino e non chi lo gestisce, perché la location e il manager risultano garanti al pubblico facendo da riferimento e non chi lo possiede.

In Italia non c’è un solo chef, anche tra i grandi blasonati, ad avere più di un locale assumendosi il rischio di impresa, almeno per quanto mi risulta, è possibile piuttosto che facciano consulenze in altri ristoranti.

Nessun collega internazionale, anche il più grande di tutti, apre a proprie spese in Italia, mentre negli altri paesi sì. Nonostante gli impegni, sono sempre presente nel mio ristorante perché lo vivo come se fossi a casa.

La TV è certamente una bella tentazione per chi ama farsi conoscere dal grande pubblico, ma bisogna essere consapevoli, che la popolarità ha un prezzo, e non sempre risulta essere la strada per il paradiso

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  • Da qualche anno a questa parte hai scelto di prendere in gestione ristoranti di prestigiosi hotel, scartando locali posizionati su strada. Non è più difficile attrarre il pubblico esterno?

La mia carriera è iniziata proprio nella cucina di un hotel, e il primo amore non si scorda mai. Nella storia dell’hotellerie, il reparto della ristorazione è sempre stato quello più difficile da gestire, e il più pesante sotto il profilo del rischio economico. Non sono isolati i casi dove il ristorante dell’hotel ha portato a picco l’intero conto economico della struttura. Per questo ho deciso di creare una vera e propria rivoluzione, ovvero, sollevare la struttura che mi ospita dall’onere dei costi totali fissi di gestione derivanti dall’intero comparto del ristorante, il vero incubo degli albergatori

  • Sei noto per non voler essere recensito dalle più prestigiose guide di settore, mentre tutti inseguono le stelle… Perché questa scelta controtendenza?

Non amo essere condizionato, per poter esprimere ciò che si è bisogna essere liberi. Non accetto il giudizio di un’unica persona che può direzionare la tua attività costruita dopo anni di duro lavoro verso un destino oppure un altro con leggerezza e senza darti il diritto di replica. Anni fa feci una scelta impegnativa e importante: mettermi in prima linea  per immagine e nome, e già questo è  stato duro.

Può anche capitare di ricevere calunnie gratuite su portali di recensioni che oggi imperano dando potere di critica e giudizio a chiunque, questo lo accetto, anche  perché se decidi di essere un esercizio aperto al pubblico devi imparare a incassare i colpi, anche se ingiusti, ma qui il discorso è diverso poiché hai comunque il diritto di replica, poi sarà il pubblico sovrano a filtrare calunnie e verità, e a farsi una idea propria. Insomma, chi vuole lavorare con l’obiettivo di ricevere le stelle fa bene a farlo, ognuno deve raggiungere il suo punto di soddisfazione professionale. Il mio è dato dal ritorno dei clienti provenienti da ogni parte del mondo, e credimi, non c’è stella che tenga

  • In molti sono a casa senza lavoro, ma oggi, grazie a talent show di ogni tipo, compresi i cooking show, tutto sembra alla portata di tutti. Non si rischia di creare false illusioni? Chef non ci si improvvisa…

Oggi lo chef viene visto come una star di fascino che guadagna tanto con facilità, ma non è così, servono tanti anni di esperienza sul campo per affinare tecnica, pratica e comportamento. Il lavoro di un cuoco si svolge in un contesto dove ognuno è un ingranaggio di una macchina diretta da un capo, lo chef. Bisogna avere un’ampia preparazione generale oltre alla cultura del cibo, e dei modi per trattarlo e conservarlo secondo le regole vigenti. Il cibo non fa magazzino ma è materia viva e va gestita come un bravo direttore di orchestra.

A questo bisogna aggiungere una buona dose di carisma, senza quello si può perdere la leadership del gruppo, e questo rischierebbe di far perdere gli equilibri di riferimento. Lo chef non è solo la spalla di appoggio morale del cuoco che ha in brigata, è anche una persona decisa a tenere in riga chi perde il senso della misura. Non tutti i grandi cuochi possono essere grandi chef, e non tutti i grandi chef sono grandi cuochi, spesso si confondono questi aspetti, un bravo chef deve circondarsi di grandi cuochi, diversamente si rischia grosso.

Il grande cuoco sussurra il cibo e lo vive, non può distrarsi dalla dura legge dei conti economici a cui è sottoposto lo chef. Il successo si raggiunge quando si è capaci di mettere su un gruppo dove ognuno dà il meglio di sé nei rispettivi ruoli. Ai ragazzi dico sempre: studiate, osservate, e imparate

  • San Valentino è alle porte, e tu ogni anno regali un menù speciale ai commensali. Vuoi anticiparci qualcosa?

È il giorno più gettonato dell’anno. In termini di richieste, San Valentino supera anche il cenone di Capodanno. Proporrò un menù, come sempre, di forte impronta mediterranea. La mia cucina non azzarda combinazioni estreme, soprattutto quando si propone un menù per un numero alto di persone. Non farò mancare il salmone al sale grigio, i carciofi con la bottarga, i gamberi con il tartufo nero, le triglie, i lamponi e tanto ambiance… L’atmosfera deve far da padrona, il cibo e il servizio da contraltare 😉

Cose da web, miti sociali e altre storie…

 

 

Articolo scritto da Roberto Federico Manzoni