#SocialCafè, Chiara Di Giambattista: “Per me la musica è tutto”

Autrice, critico musicale, e una sola grande passione: la musica. Chiara Di Giambattista, è un jukebox vivente, le uniche canzoni che non conosce sono quelle che ancora non sono state scritte. Grazie a questa sua grande preparazione, e amore nei confronti della musica, farà parte della giuria italiana all’Eurovision Song Contest di quest’anno. E proprio sul grande evento di Kiev, ormai alle porte, ci confida: “Non si dovrebbe dire, ma i bookmakers danno Francesco Gabbani tra i favoriti”

  • Cos’è per te la musica?

Sarebbe fin troppo facile, e forse scontato, dire che per me la musica è tutto. Ma è così. La musica mi accompagna da quando sono piccolissima: l’ho sempre ascoltata, l’ho studiata per qualche anno frequentando un corso di pianoforte, ho cantato per 10 anni, ai tempi dell’Università, con alcuni gruppi rock, ne ho scritto per un po’ su un web magazine, e da quasi 20 anni accompagna anche il mio lavoro in TV. E poi riempie tutti i miei momenti liberi. Appena posso scappo in giro per l’Italia e per il mondo a seguire i concerti degli artisti che amo. Quindi, se dico che la musica per me è tutto, non esagero…

  • Chi ti ha trasmesso questa passione?

I miei genitori. E per questo non smetterò mai di ringraziarli, soprattutto mio padre. Se chiudo gli occhi e guardo indietro, i miei primi ricordi sono a casa, con i dischi di Battisti e le audiocassette di Paul McCartney sparse per la casa. Nessuno dei due è musicista ma mi hanno sempre fatto ascoltare qualsiasi genere musicale: dalla musica classica a Francesco De Gregori e Fabrizio De Andrè, da Pino Daniele ai Pink Floyd ed i Beatles. Il più grande regalo che mi hanno fatto è stato portarmi ad ascoltare Giorgio Gaber: un gigante. Avevo solo 6, anni ma ho dei ricordi molto nitidi. Crescendo poi ho sviluppato le mie passioni ma non mi sono mai preclusa nulla: ascolto qualsiasi genere musicale. Anzi, se c’è qualcosa che non conosco, o che non mi piace, mi incaponisco ancora di più e vado a “studiare”. La musica è una continua scoperta, mai mettersi dei limiti. Quelli che dicono che esiste la musica “colta” o “alta” o la musica “difficile” non mi trovano d’accordo. La musica è di tutti, la musica è emozione, e se un giorno ho voglia di ascoltare Bruno Mars, Ed Sheeran, Justin Bieber o l’ultimo singolo delle Little Mix, non vuol dire che il giorno dopo io non sia in grado di ascoltare e comprendere Leonard Cohen, Bob Dylan, Ivano Fossati, Paolo Conte o il “Romeo e Giulietta” di Prokof’ev

  • Quanto è stata importante Raffaella Carrà per la tua crescita professionale?

 Direi fondamentale. Il primo vero lavoro in una redazione televisiva è stato con lei. Avevo 25 anni ed ero un po’ come “Alice nel Paese delle meraviglie”: ho sempre voluto fortemente fare questo lavoro e per anni, oltre ai corsi di Scienze della Comunicazione all’università, ho cercato di fare di tutto per avvicinarmi a questo mondo. Ho fatto anche la figurante per parecchio tempo, mi  serviva per guadagnare qualche soldo mentre studiavo. Per cui, figurati, la prima volta che sono entrata all’Auditorium Rai del Foro Italico qui a Roma per fare un colloquio con Raffaella Carrà mi tremavano le gambe. Ricordo che Graziella, la caporedattrice dell’epoca da cui ho imparato moltissimo, mi prese letteralmente per mano e mi portò da lei. Raffaella mi fece moltissime domande, mi chiese anche se parlavo inglese e se sapevo usare bene il computer, e poi mi congedò. Qualche giorno dopo mi dissero che le ero piaciuta e da lì iniziò la mia avventura a “Carràmba che Sorpresa” con lei. Raffaella Carrà è incredibile: impari mille, cose anche solo mettendoti in un angolo a guardare quello che fa. Ha un’energia pazzesca, lavora senza mai fermarsi. Sono stati anni formativi e bellissimi da cui ho imparato le fondamenta di questo lavoro straordinario ma anche molto complicato

  • Molti artisti in gara al Festival di Sanremo di quest’anno sono arrivati direttamente dai talent: che impressione ti ha fatto vedere giudici, coach e allievi salire sullo stesso palco? Non pensi che arrivi un messaggio confuso a casa?

Io credo di no. Il modo di “portare” la musica al grande pubblico sta cambiando. Il Festival di Sanremo in questo si è adattato ai tempi. In fondo i talent di oggi sono un po’ quello che ieri era, ad esempio, il Festival delle voci nuove di Castrocaro prima dell’arrivo di “X-Factor”, “The Voice” o “Amici”: si selezionavano giovani artisti di talento. Non dimentichiamoci che sono passati da lì nomi come Eros Ramazzotti, Zucchero, Fiorella Mannoia, Caterina Caselli e molti altri giganti della musica italiana. Oggi c’è la TV che ha creato un vero e proprio genere televisivo e dai talent sono nati ottimi artisti: Marco Mengoni, Noemi, Emma, Alessandra Amoroso, Francesca Michielin, Chiara, Giusy Ferreri, Michele Bravi (tra l’altro questi ultimi 3 erano a Sanremo quest’anno) e molti altri. Tornando alla tua domanda, se ci pensi, fino al 1984, la categoria “Giovani” non esisteva al Festival di Sanremo: l’anno prima ad esempio arrivò prima Tiziana Rivale con “Sarà quel che sarà” che saliva sul quel palco per la prima volta. Quindi non ci vedo nulla di strano. Sono le canzoni che contano. E le belle canzoni restano. Tutto qui

  • Spesso ti capita di promuovere i dischi in uscita degli artisti. Quante volte ascolti le canzoni di un album prima di metterti al lavoro sulla presentazione?

Innanzitutto li ascolto. Sembra banale dirlo ma quando ci troviamo di fronte ad un disco nuovo non c’è altro da fare se non ascoltare con attenzione. Mi è capitato che alcuni artisti si siano meravigliati di fronte a mie osservazioni sui suoni o sui testi e mi abbiano detto “ma allora lo hai ascoltato davvero!”. Alcuni lamentano il fatto che, a volte, chi recensisce i dischi faccia dei primi ascolti poco attenti, che non tengono conto magari della storia e del “percorso” (parola abusatissima!!!) dell’artista stesso. Io credo sia una questione di rispetto nei confronti di chi ci ha lavorato tanto: noi siamo abituati ad ascoltare il prodotto finito, magari un singolo di successo che resta in classifica settimane e diventa un tormentone. Ma quanto lavoro di autori, musicisti, produttori, discografici e mille altre figure professionali c’è dietro quella canzone? Tantissimo. E merita attenzione perché il lavoro di mesi si concentra tutto nei pochi minuti dell’ascolto di una canzone. E quei pochi minuti sono fondamentali per poi poter capire e recensire un disco. Lo scorso settembre ho avuto l’onore e il piacere di accompagnare Raphael Gualazzi durante la promozione di “Love, life, peace” il suo ultimo lavoro. È stato bellissimo trasmettere alle persone le emozioni che mi aveva regalato la musica di un artista eccezionale come Raphael. Ed è stato bellissimo osservare come lui, attraverso il suo pianoforte, regalava alla gente la sua arte. E comunque alla fine non c’è scampo: un bel disco, se è bello davvero, ti inchioda la prima volta che lo senti. Ultimamente mi è capitato così con due album: “Il gelato dopo il mare” di Renzo Rubino e “Il secondo cuore” di Paola Turci: due dischi, ognuno a suo modo, di una bellezza poetica e devastante. Arrivano dritti al cuore

  • Di recente hai presentato l’uscita dei nuovi dischi di Fiorella Mannoia ed Ermal Meta, ovvero 2/3 del podio di Sanremo. I due album sono attualmente in vetta alle classifiche. Come ti fa sentire tutto questo?

Innanzitutto sono riconoscente a Fiorella Mannoia ed Ermal Meta per avermi voluta accanto in un momento bello come questo. E’ una grande responsabilità accompagnare gli artisti nella presentazione di un nuovo disco al pubblico: devi saper trovare le parole giuste e dare modo all’artista di raccontare il mondo umano e di emozioni che c’è in quelle canzoni. Con Fiorella non era la prima volta: avevo già “raccontato” con lei “A te” il meraviglioso album che nel 2013 dedicò al suo amico Lucio Dalla e altri suoi lavori. Quando uscì la prima versione del cd “Combattente” a novembre scorso mi chiese di essere con lei a Roma e Firenze. E dopo il Festival, per la nuova edizione del disco (dove è contenuta “Che sia benedetta”, il pezzo di Sanremo) mi ha chiesto di accompagnarla a Roma e Bologna. E ad una donna speciale come Fiorella non puoi dire di no. Parlare con lei durante gli instore, e non solo, è un arricchimento umano indescrivibile. Fiorella è straordinaria: curiosa, empatica, colta, divertente, solida. I suoi occhi brillanti di vita parlano per lei. Anche l’esperienza con Ermal Meta è stata bellissima. Ci conoscevamo da un po’ (lo intervistai la prima volta nel 2010 quando era ancora il frontman de “La fame di Camilla”) ma non avevo mai presentato un suo disco: Ermal è una persona straordinariamente intelligente. Quello che mi sorprende ogni volta che lo ascolto parlare è che ha davvero un universo infinito nel cuore. Anche se gli fai la stessa domanda 10 volte, lui troverà sempre una risposta diversa, più ricca, da darti. E’ uno che non si ferma. Il suo terzo posto al festival di Sanremo se lo è strameritato ed il successo che stanno ottenendo i suoi live (andate a vederlo dal vivo, è straordinario!!!) dimostra che il talento vero non te lo inventi: o ce l’hai o non ce l’hai. Ed Ermal ha talento da vendere

  • Hai una rubrica all’interno di Megajay, il programma radiofonico in onda su Radio Deejay, condotto da Laura Antonini. Ce ne vuoi parlare…

Quando Laura Antonini, a settembre del 2015, mi telefonò per chiedermi di entrare nella squadra di Megajay, ci è mancato poco che non cadessi dalla sedia. Radio Deejay è la mia radio preferita da anni ed entrare nel programma ascoltatissimo del weekend per parlare di musica era un sogno per me. Laura è fortissima, fa la radio da anni ed all’inizio non ero sicura di essere all’altezza di un Network radiofonico con uno standard così alto. Ma poi lei mi ha detto “devi solo essere te stessa, con il tuo entusiasmo e la tua energia” e allora ci ho provato. Ogni domenica racconto un concerto, recensisco un disco, racconto una news musicale. Ogni volta con Laura scegliamo quello che ci sembra più interessante e, semplicemente, lo racconto a modo mio. Mi diverto tantissimo. La radio è un mezzo straordinario

  • Sei uno degli autori di “Unici”, il programma in onda su Rai2 che tornerà a giugno con nuove puntate. La puntata dedicata al grande Vasco Rossi andata in onda lo scorso settembre ha riscosso un successo clamoroso. Come è stato seguirlo passo passo nelle sue “Quattro Giornate”? Raccontaci un aneddoto sul mitico Blasco…

Unici” è un gioiello. E non lo dico perché ci lavoro ma perché lo è veramente. Siamo una piccola squadra ma ognuno di noi è davvero un ingranaggio irrinunciabile. Il motore di questa macchina perfetta, invece, è Giorgio Verdelli, ideatore e regista di questo format. Giorgio è un ciclone: appassionato, attento, scrupoloso ma soprattutto rispettoso degli artisti che andiamo a raccontare. L’altro pilastro è Silvia Fiorani: senza la sua solidità e senza la sua determinazione una puntata difficile come quella dedicata a Vasco Rossi ad esempio, non l’avremmo mai portata a casa. Seguire Vasco nei suoi quattro concerti allo Stadio Olimpico è stata una delle esperienze lavorative più belle della mia vita. Abbiamo passato una settimana seguendo il suo staff: dal montaggio del palco fino allo smontaggio ripreso dalle nostre telecamere. Abbiamo visto “il popolo del Blasco” dormire con le tende per giorni fuori dallo stadio, li abbiamo visti aspettare ore sotto il sole cocente, li abbiamo visti emozionarsi, cantare, piangere. Ma per Vasco si fa questo ed altro. Perché lui è una specie di religione. Tutta la sua squadra, a cominciare dalla sua storica manager Tania Sachs, ci ha permesso di seguire Vasco in ogni momento: dall’hotel ai camerini fino a salire con lui sul palco e vedere con le nostre telecamere il mare di persone che ha invaso lo stadio Olimpico per 4 giorni. La cosa che mi ha colpito di più di lui è proprio il fatto che, nella vita di tutti i giorni, “il signor Rossi” sia davvero “L’uomo più semplice” come dice la sua canzone. Poi sale sul palco. E diventa il KOMandante. Una magia

  • Hai un’idea di un programma televisivo che ti piacerebbe vedere prima o poi sul piccolo schermo?

Beh… mi piacerebbe da morire rivedere “Taratata” un programma meraviglioso (ripreso da un format francese) andato in onda sulla Rai dal 1998 al 2001. Sono passati tutti da lì: dai REM a Carlos Santana, da Madonna a Herbie Hancock, da Alanis Morissette ai Cranberries, oltre naturalmente a decine di big italiani, che duettavano e improvvisavano momenti di spettacolo irripetibili. Forse il più bel programma musicale mai realizzato

  • Quest’anno sei nella giuria italiana dell’Eurovision Song Contest… cosa ci puoi raccontare?

Intanto che sono felicissima! È un grande onore per me farne parte insieme a dei colleghi bravissimi e ringrazio la delegazione italiana e l’organizzazione per avermi coinvolta in questa manifestazione che, arrivata alla sua 62° edizione, non solo non dimostra i suoi anni ma ha saputo rinnovarsi diventando uno degli eventi musicali più importanti del mondo. Il mio ruolo mi impone di non potermi “sbottonare” in pronostici o giudizi sui concorrenti. Però, da italiana, ti posso dire che faremo un tifo smodato per Francesco Gabbani e la sua “Occidentali’s Karma”. Non si dovrebbe dire ma i bookmakers lo danno tra i favoriti. Noi facciamo gli scongiuri e diciamo “forza Francesco!!!”

  • Secondo te come cambierà, se cambierà, la musica nei prossimi 10 anni?

È il modo di fruirne che si trasformerà ancora, anche se non sappiamo come. Fino a qualche anno fa piattaforme come Spotify sembravano fantascienza. Eppure, nonostante la crescita della musica “liquida”, nell’ultimo anno c’è stato un incremento pazzesco nella vendita del supporto in vinile. La musica in se’ non cambierà: le belle canzoni resteranno e continueranno ad esistere

Cose da web, miti sociali e altre storie…

Articolo scritto da Roberto Federico Manzoni