Fecondazione, con diagnosi preimpianto 80% donne incinta al primo tentativo
La ricerca viene in soccorso al desiderio di maternità e paternità con sempre maggiore efficacia.
«Con le nuove tecniche di diagnosi genetica preimpianto è possibile vedere il numero dei cromosomi e il Dna dei mitocondri, quindi trasferire un solo embrione, quello che ha una maggiore vitalità e ottenere il massimo risultato», spiega Ermanno Greco, direttore del Centro di medicina e biologia della riproduzione, European Hospital di Roma.
Tra le novità di cui si parla c’è l’ottimizzazione della fecondazione in vitro, con possibilità di gravidanza dell’80% al primo tentativo, grazie alla diagnosi preimpianto.
Ma anche tecniche di congelamento dell’ovocita, per rimandare una gravidanza, anche per le pazienti che devono sottoporsi a terapie oncologiche, e nuovi studi che in pochi anni potrebbero portare le cellule staminali di un paziente altrimenti sterile alla trasformazione in ovociti o spematozoi.
«Sono 60 mila le coppie che in Italia ogni anno hanno problemi di infertilità, una questione molto sentita che però non viene ancora affrontata come si dovrebbe», afferma Greco. «Tra le maggiori novità emerse ci sono proprio le tecniche innovative di diagnosi genetica sugli embrioni, che permettono di raddoppiare le percentuali di successo nella performance della fecondazione assistita. Grazie a queste metodiche è possibile vedere non solo il numero dei cromosomi, ma anche il Dna dei mitocondri, quindi trasferire un solo embrione, quello che ha una maggiore vitalità, e ottenere il massimo risultato. Prova evidente dell’efficacia di questa tecnica è che l’80% delle coppie che fa il trasferimento dell’embrione dopo la diagnosi genetica preimpianto, ottiene la gravidanza al primo tentativo (con un notevole risparmio sia in termini economici sia di salute per la paziente).
Se la donna ha ovuli sani, grazie a questa tecnica l’età non rappresenta più un ostacolo alla gravidanza».
Sono questi i risultati di uno studio italiano, su 1.500 pazienti che si sono sottoposte a diagnosi genetica preimpianto, per selezionare un embrione geneticamente sano. Trasferendo tale embrione, la probabilità di gravidanza è la stessa per ogni età (le percentuali di una donna di 42 anni sono uguali a quelle di una di 25). Bassissima inoltre è la percentuale di aborto: solo il 10%, mentre la media è del 30%. Tutte le nascite, infine, sono singole (solo il 3% dei casi di gemellarità), un altro grande punto a favore della tecnica.
«Il mio gruppo – prosegue Greco – presenta in questo Congresso il primo spaccato della situazione italiana per quanto riguarda la fecondazione eterologa femminile. I nostri risultati, dopo un anno, contano su un’esperienza di ben 150 donne sottoposte al trattamento: ad oggi non esistono altri studi clinici così importanti. Va sottolineata una carenza di ovociti donati, perché solo la metà sono italiani, mentre per il restante 50% è necessario ricorrere a banche estere». Le percentuali di successo «si aggirano intorno al 55-60% come all’estero, ma qui l’80% dei trattamenti viene effettuato su ovociti congelati, a differenza dell’estero dove si utilizzano soprattutto quelli freschi. In entrambi i casi (ovociti congelati o freschi) il risultato è lo stesso, e questo è molto importante», spiega.
Un’altra innovazione è la creazione di protocolli personalizzati di stimolazione ormonale, terapie di cui spesso la donna ha timore.
Verranno creati, spiega l’esperto, secondo le caratteristiche di ogni paziente: si può prevedere la risposta ai diversi farmaci e così impostare la terapia più idonea, e con dosaggi anche inferiori, per ogni donna.
C’è poi la crioconservazione ovociti. La decisione, sempre più comune, di posticipare negli anni la gravidanza, diminuisce le percentuali di successo. «La crioconservazione non è ancora molto diffusa in Italia, anche per i suoi effetti economici – commenta Greco – noi vorremmo proporre di agevolare le coppie che vogliono fare il ‘social freezing‘, che ha un’importante duplice finalità sociale: permette alla donna di aiutare se stessa, conservando ovociti sani per il proprio futuro, e gli altri, donando l’eccesso di ovociti a disposizione».
In questa maniera si potrebbe assolvere la doppia funzione di preservare la fertilità e di donare ovociti a chi potrebbe averne bisogno: donne in menopausa precoce o che richiedono la fecondazione eterologa. Non c’è un limite di tempo per la crioconservazione degli ovociti, e per almeno 10 anni la loro efficacia è confermata.
Articolo scritto da Redazione PinkItalia