mutilazioni genitali femminili: nel mondo a rischio 3 mln di bambine l’anno
mutilazioni genitali femminili: nel mondo a rischio 3 mln di bambine e adolescenti l’anno
Nel mondo ci sono 200 milioni di donne che hanno subito mutilazioni genitali, con tre milioni di ragazze che ogni anno rischiano di subirle. Lo sottolinea l’Oms nella Giornata Mondiale di ‘Tolleranza zero’.
Le mutilazioni, avvengono in prevalenza sotto i 15 anni, e sono concentrate in 30 paesi di Africa, Medio Oriente e Asia. Negli ultimi decenni la cifra è in calo, anche se tra il 2014 e il 2016 c’è stato un balzo nelle stime in particolare in Indonesia.
Mentre nel 1985 si stimava che il 51% delle ragazze subiva la pratica nei paesi dove è effettuata, nel 2016 la percentuale è scesa al 37%. “Le mutilazioni sono una violazione dei diritti delle donne – scrive l’Oms. La procedura può causare emorragie e incontinenza, e a lungo termine cisti, infezioni e complicazioni della gravidanza”. Anche tra le migranti che vivono in Italia, ha evidenziato uno studio dell’università Bicocca, ci sono tra le 46mila e le 57mila donne mutilate.
Mutilazioni, in Italia migliaia bimbe a rischio
Esperti, allarme per fenomeno sommerso difficile da individuare. Non solo in Africa e Asia: le mutilazioni genitali femminili (mgf), contro le quali si celebra oggi la Giornata mondiale di ‘Tolleranza zero’, coinvolgono anche dalle 60.000 alle 80.000 donne straniere residenti in Italia e ad essere considerate “a rischio” sono pure migliaia di bambine di origini straniere che vivono nel nostro Paese, mentre sono 3 milioni le bambine a rischio di essere mutilate ogni anno nel mondo. Un fenomeno sommerso, quello che riguarda le minorenni in Italia, avverte il direttore del dipartimento di dermatologia all’Ospedale San Gallicano di Roma Aldo Morrone, “difficile da portare alla luce ma che, purtroppo, esiste”.
“Le bambine potenzialmente a rischio in Italia – afferma Morrone – sono migliaia, fino a 12mila secondo le stime più ampie, e questo perchè le loro famiglie provengono da paesi a forte tradizione di mgf come il Corno d’Africa e l’Africa subsahariana. Ovviamente è molto difficile individuare i casi di mutilazione tra le bambine ma sappiamo che esiste uno zoccolo duro soprattutto in alcune comunità. Alcuni casi di mutilazioni tra bambine, in passato, sono stati segnalati e ad effettuare la mutilazione erano operatori sanitari non qualificati provenienti dalle stesse comunità”.
C’è poi anche il fenomeno delle bimbe riportate nei Paesi d’origine per effettuare la mgf per poi ritornare in Italia: “anche in questo caso – avverte Morrone, in prima linea nell’avvio di progetti nei Paesi più colpiti – portare il fenomeno allo scoperto è difficile e non ci sono stime ufficiali, ma in alcune situazioni l’accaduto è stato scoperto a scuola, poichè le maestre avevano notato un cambiamento di atteggiamento nelle piccole.
Per vincere la battaglia contro le mgf – afferma – l’arma essenziale resta dunque soprattutto una: entrare in contatto con queste culture e diffondere un messaggio che punti ad un cambiamento culturale radicale”. Molte sono però le donne straniere che vivono in Italia che decidono di chiedere aiuto: al Centro di riferimento regionale per la prevenzione e il contrasto delle mgf dell’Ospedale San Camillo di Roma, afferma la responsabile Giovanna Scassellati, “vediamo un centinaio di donne l’anno con mutilazioni genitali di vario genere. Sono in maggioranza africane, mutilate nel loro Paese d’origine e tutte in età fertile, dunque giovani. Alcune di loro arrivano da noi incinte”. Le più coraggiose, ma sono poche, chiedono di essere deinfibulate, per tornare ad una vita ‘normale’: “Lo scorso anno – afferma l’esperta – abbiamo eseguito tre interventi di questo tipo”.
Ma la strada per l’eliminazione globale delle mgf è ancora lunga, nonostante la loro messa al bando universale sia stata approvata all’unanimità dall’Onu nel 2012, e le mgf rappresentino una forma di violenza contro le donne che rientra nella fattispecie degli atti di persecuzione individuati dalla Convenzione di Ginevra del 1951, ripresa dalla Direttive Europee in materia e dalla normativa nazionale, ragione per cui è possibile il riconoscimento dello Status di rifugiato politico. L’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica) e si è dotata di una legge per la prevenzione ed il divieto delle pratiche di mgf nel 2006, oltre che di linee guida tese ad individuare precocemente le vittime di mutilazioni.
A rischio 68 milioni di ragazze entro il 2030
“La mutilazione genitale femminile costituisce una ripugnante violazione dei diritti umani di donne e ragazze. A meno di un’azione concertata e tempestiva, altri 68 milioni di ragazze rischiano di subire la stessa rivoltante pratica entro il 2030″. Lo scrive in un messaggio in occasione della Giornata Mondiale Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu. “Quando c’è un forte impegno politico, registriamo un progresso in diversi Paesi, che non è comunque abbastanza se rapportato al ritmo di crescita della popolazione globale. Se non agiamo ora, questo numero è destinato a crescere – scrive Guterres -. Lo sviluppo sostenibile non può prescindere dal pieno rispetto dei diritti umani di donne e ragazze.
L’Obiettivo di sviluppo sostenibile numero 5, che si concentra sulla parità di genere, rivendica l’eliminazione delle mutilazioni genitali femminili entro il 2030”. Insieme all’Unione Europea, ha sottolineato Guterres, le Nazioni Unite hanno lanciato l’iniziativa Spotlight, un impegno globale che nei prossimi anni mira a creare forti rapporti di cooperazione e armonizzare gli sforzi attuati per porre un termine a tutte le forme di violenza contro donne e ragazze, compresa la mutilazione genitale femminile.
“Non c’è tempo da perdere – conclude – quando sono in gioco la dignità e il benessere di milioni di giovani donne. Insieme, possiamo e dobbiamo mettere un termine a questa pratica nociva.
Fonte ansa
Articolo scritto da Redazione PinkItalia