Intervista a Prem Dayal, autore del bestseller messicano “Me vale madres”
Intervista a Prem Dayal, autore del bestseller messicano Me vale madres (Penguin Random House, 2016), pubblicato in Italia con il titolo di Mavaffanguru. Guida spirituale per mistici senza Dio
Prem Dayal è uno scrittore e grande viaggiatore, che ha scelto di vivere prima in India, dove ha appreso le tecniche di meditazione, e poi in Messico, dove ha fondato e dirige L’Osho Meditation Center. Tiene corsi sul risveglio della coscienza e parallelamente si occupa di teatro e di scrittura.
La sua ricerca spirituale lo porta a scrivere diversi libri, tra cui si ricordano: “Me vale madres” tradotto in italiano con il titolo “Mavaffanguru. Guida spirituale per mistici senza dio”, divenuto in Messico un best seller da più di 200.000 copie vendute; “Tantra e Salsiccia”; “Il Calendario Eterno” e l’autobiografia “Mi Volevano Normale”.
Intervista a cura di Marcello De Vellis
Nella tua cartella stampa leggo che sei uno scrittore, artista, drammaturgo e maestro di meditazione. Come nasce la passione per la scrittura e quali sono state le tue principali fonti di inspirazione?
Ho sempre scritto, sin da bambino. Ma si trattava di lettere, riflessioni e racconti buffi… senza nemmeno la più remota ambizione di diventare uno scrittore. Poi un giorno Armando Pugliese mi diede la possibilità di fare una regia al posto suo. Non avendo praticamente mai letto niente di teatro e non sapendo che fare, mi scrissi io il testo, e funzionò molto bene. Da li diventai un drammaturgo “patentato”. Prima commedie, copioni cinematografici, monologhi… e poi libri, articoli, canzoni…
La mia fonte d’ispirazione? Dario Fo. Sin da quando scrissi il primo lavoro teatrale sentivo nella mia testa il suo ritmo.
“Mavaffanguru. Guida spirituale per mistici senza Dio” è un libro profondo, bizzarro, audace. Un attentissimo iter sul risveglio della coscienza occidentale che tratta di argomenti serissimi in un tono costantemente ma piacevolmente blasfemo. Ho avuto l’impressione che sia il sarcasmo il filo conduttore del libro. Sto scrivendo un’eresia?
Amo gli eretici, per cui sei benvenuto a dire qualsiasi bestialità. Ma in questo caso non è un’eresia. Mi piace provocare i secchioni, ribaltare le idee date per scontato, prendere di contropiede chi pensa di aver capito… È vero, una vena di sarcasmo scorre per tutto il libro, ma non è il filo conduttore. Il filo conduttore è un autentico spirito di ricerca interiore che ha accompagnato gli ultimi trent’anni della mia vita. Ciò che m’ispira a lanciare le mie parole sull’onda del sarcasmo e della blasfemia non sono concetti che ho studiato, ma esperienze originali che ho avuto, e che mi hanno salvato dalla deriva sterile di un razionalismo a tutti i costi. Avere delle credenze, dal mio punto di vista è un insulto all’intelligenza; ma se ci pensi bene anche l’ateismo è una credenza. Una credenza al contrario. Il filo conduttore del libro è l’invito a una spiritualità laica.
Come mai l’idea di una copertina così giocosa per un opera così complessa?
Budda è il simbolo universale della “spiritualità senza Dio”. Non sono un buddista, perché essere un Budda è bellissimo ma essere un buddista non mi sembra altrettanto bello; e lo stesso dicasi di Gesù: essere un Cristo è l’aspirazione più alta, essere un cristiano è semplicemente una trappola crudele in cui nessuno vorrebbe finire. La copertina riflette esattamente il senso del libro. La spiritualità non è legata a posti particolari e rituali folclorici, ma è un fenomeno universale, laico e senza bandiere. Budda non vive necessariamente sull’Himalaya bevendo tè verde, ma può vivere benissimo a Roma mangiando pizza
Qual è il significato principale di “Mavaffanguru”?
È un gioco di parole che toglie la pomposità alla parola “guru”. Gioca sulla stessa linea provocatoria del Budda della copertina. È ciò che non ti aspetti da un libro sul risveglio della coscienza. E anche il personaggio che io fingo di canalizzare non è un profeta del Mar Morto o un visionario delle Upanishad, ma un Vaffanguru: Peppino Cocozza, un perdigiorno che vive a spese del cognato.
Hai pubblicato diversi altri libri. “Tantra e Salsiccia”, “Il Calendario Eterno”, “Autobiografia de un Pinche Guey” (in italiano edito con il titolo “Mi Volevano Normale”). Ti va di farci un piccolo tour di presentazioni delle tue opere?
Tu hai tempo da perdere! Mi fa ovviamente piacere la tua domanda e cercherò di essere il più conciso possibile. Mi Volevano Normale, che è disponibile in italiano, è il ritratto generazionale, marginale, di un inconsapevole percorso iniziatico che abbraccia gli anni ’70 e 80’: teppismo adolescenziale, movimento hippy, droghe, viaggi in moto, psichiatria, teatro di strada, amori andati a male, confusione, feste, disperazione, gridi lanciati nel cielo della notte… e qua e là una luce, uno sprazzo di speranza, delle impronte lasciate sul terreno, degli indizi da seguire…. Tu mi capisci, vero? La storia finisce il 18 gennaio del 1993. Tantra e Salsiccia è un libro sul sesso… o meglio sull’amore e il sesso. Il sottotitolo fa intuire di che si tratta, ma è in inglese, perché non c’è lingua che lo possa esprimere meglio: A Juicy Way To Sacred Sex. Il calendario eterno è una raccolta di 365 aforismi, miei. Ma adesso sono molti di più.
Se dovessi consigliare un sottofondo musicale o una serie di sottofondi musicali per accompagnare la lettura di “Mavaffanguru” o in generale dei tuoi libri, su cosa ricadrebbe la tua scelta?
Che domanda! Mi piace l’idea. Sono un figlio del Rock degli anni ’70. I primi che mi vengono in mente sono Jim Morrison, Led Zeppelin… ma anche Keith Jarrett. Per Tantra e Salciccia, invece, non ho dubbi: Chaurasia Hariprasad.
Raccontaci dell’Osho Meditation Center e di come è nato
Arrivai In Messico dall’India, non avevo una lira. Per tirare su un po’ di soldi organizzai un corso di Meditazione. Con mia grande sorpresa vennero quaranta persone. Uno di loro mi offrì una casa di tre piani dove dare i miei corsi. La casa non aveva un salone sufficientemente grande, e così – ma solo per scherzare – dissi: “Se si estendesse un poco il terrazzo e si coprisse, questo sì che sarebbe un bel salone per la meditazione”. Lui rispose: “questo possiamo farlo”. E io, sempre per scherzare, continuai: “Beh, allora questa casa potrebbe diventare un bellissimo Osho Center!”. “Perfetto! Facciamo un Osho Center allora” – rispose. Ecco come è andata.
Chi è Prem Dayal nella vita di tutti i giorni?
Se non per gli aspetti meno decenti della vita umana, non c’è alcuna differenza fra il Dayal pubblico e quello privato. Una vita molto semplice: passo molto tempo a scrivere, creare e seguire progetti, sono a capo di una piccola comunità di ricercatori spirituali, conduco gruppi di terapia e meditazione, gioco a squash, a biliardo, mi muovo in bicicletta, in moto elettrica (ce ne sono dappertutto in modalità share) e su diabolici monopattini elettrici in stessa modalità su cui monto con l’entusiasmo di quando ero bambino.
Contatti
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Articolo scritto da Redazione PinkItalia