La psicologia delle dipendenze: come incide la dopamina nel nostro rapporto con social e videogiochi
È un meccanismo ormai frequente nella nostra vita quotidiana. Parlare di Internet, social network, videogame vuol dire porsi di fronte alla complessità del mondo virtuale, nei suoi aspetti sia positivi che negativi. Queste piattaforme virtuali sono entrate a far parte del quotidiano per miliardi di persone, facilitano molti aspetti delle attività sia ricreative che lavorative e offrono utili strumenti per incrementare la qualità della vita. Allo stesso tempo, però, nascondono alcuni tranelli pericolosi per l’equilibrio psichico, sia per gli adulti che per coloro che più ne usufruiscono: gli adolescenti. La dipendenza da internet e dai videogiochi è un problema attuale.
Social e gioco d’azzardo
Si sente spesso dire che i social media danno dipendenza, un po’ come il gioco d’azzardo. Alcuni esperti però vanno oltre: diconio che i social network utilizzano gli stessi meccanismi psicologici delle slot machine. Giochidislots ha raccolto cinque opinioni differenti sulla gamification dei social media, in particolare quella di Mattha Busby, che cita le opinioni, tra gli altri, dell’antropologa Natasha Schüll, che ha pubblicato un saggio importante sul gioco d’azzardo, dello psicologo Mark Griffiths, specializzato proprio nel curare le dipendenze da gioco d’azzardo, dell’ex designer di Google Tristan Harris, e di un altro psicologo, Daniel Kruger, specializzato nelle dinamiche sociali.
La psicologia delle dipendenze
I social media, «stanno utilizzando le stesse tecniche delle sale da gioco per creare dipendenze psicologiche e radicare i loro prodotti nelle nostre vite», riassume Busby, «Questi metodi sono così efficaci che possono attivare nel cervello meccanismi simili a quelli della cocaina, creando sindrome di astinenza psicologica». Che si tratti dello scroll di Facebook o di giocare con CandyCrush, il concetto è quello di un «loop ludico», come lo definisce Schüll, l’antropologa: una serie di cicli ripetuti di incertezza, anticipazione e feedback, a cui si aggiunge quel minimo di ricompense necessari a mandarci avanti. Ogni volta che pubblichiamo qualcosa su Facebook, non riusciamo a resistere alla tentazione di osservare quanti like il nostro post o la nostra foto ottengono. Quando compare il tanto atteso “mi piace”, il nostro cervello produce una scarica di dopamina, che ci fa provare una brevissima sensazione di piacere e ci porta a ricontrollare ancora e ancora, nella speranza inconscia di provare nuovamente quella sensazione.
Gli effettiLe notifiche sui social media funzionano come una forma di clickbait, spiegano gli esperti di OpCommunication all’interno di un articolo: illuminano i centri di ricompensa del cervello, in modo che ci sentiamo male se le metriche che accumuliamo sulle nostre diverse piattaforme non esprimono abbastanza approvazione. L’effetto, infatti, è molto simile a quello dei videopoker o dei giochi per smartphone sui giocatori compulsivi, e spiega la psicologia delle dipendenze
Articolo scritto da Redazione PinkItalia