Sara Di Pietrantonio: giustizia è fatta! Ergastolo per Vincenzo Paduano
Sara Di Pietrantonio: giustizia è fatta! Ergastolo per Vincenzo Paduano
Una vicenda che ha sconvolto l’Italia intera.
Un delitto infame e agghiacciante. Un femminicidio efferato e sconvolgente.
Stiamo parlando di Sara Di Pietrantonio, una giovane, intelligente, bella e solare ragazza uccisa e martoriata dal suo ex, Vincenzo Paduano, che non accettava la fine della loro relazione.
Ergastolo senza isolamento diurno: questa è la condanna che il Gup Gaspare Sturzo ha inflitto a questa belva.
La sentenza è arrivata dopo oltre due ore di camera di consiglio. Il magistrato ha recepito l’impostazione accusatoria della Procura. Il giudice ha disposto che l’imputato dovrà risarcire i danni, da liquidarsi in separata sede, alle varie parti civili costituite e, nel frattempo, ha fissato gli importi delle provvisionali: 300mila euro alla mamma di Sara, 250mila al padre e 50mila agli altri parenti.
La mamma di Sara: “Un anno in apnea”
“Trovo che la sentenza sia stata morale e giusta. Ho vissuto questo ultimo anno in apnea e oggi abbiamo ottenuto un primo gradino, importante, dalla giustizia”. Sono le prime parole di Concetta, la mamma di Sara Di Pietrantonio, commentando la condanna. “Mia figlia non me la ridarà nessuno ma oggi posso respirare finalmente una boccata d’aria fresca”, ha aggiunto la donna. “Vincenzo Paduano non si è mai pentito di quello che ha commesso. Lui non ha mai raccontato come sono andati i fatti, è stato costretto ad ammetterli perché le prove contro di lui erano troppo evidenti. Ecco perché sono contenta della sentenza”.
Il femminicidio di Sara Di Pietrantonio
E’ il 29 maggio 2016. A Roma, in via della Magliana, viene ritrovato all’alba il corpo semicarbonizzato di Sara, studentessa di Economia all’Università Roma Tre. Nella notte, all’incirca alle 3.20, la ragazza ha inviato un sms alla madre: diceva “tranquilla, sto rientrando”. Ma poi non è rincasata.
Mamma Concetta si preoccupa, avverte la polizia e poi la va a cercare col fratello. A poca distanza da casa, i due vedono l’auto in fiamme circondata dai vigili del fuoco. E’ la Toyota che ‘Tina’ aveva prestato alla figlia.
Subito gli inquirenti seguono la pista dell’omicidio e viene fermato l’ex fidanzato, Vincenzo Paduano, che rilascia una dichiarazione contraddittoria. Secondo gli inquirenti l’ha tramortita, poi strangolata, quindi data alle fiamme con una piccola tanica di benzina perché non accettava che lei avesse allacciato una storia sentimentale con un altro uomo.
L’omicidio si consuma in pochi minuti, giusto il tempo di fumare una sigaretta, come racconterà un testimone 18enne che stava riaccompagnando la fidanzata a casa. “Ho visto una ragazza di spalle che stava discutendo con un ragazzo fuori dalla macchina. Ho proseguito fino a casa della mia fidanzata. Il tempo di fumarmi una sigaretta, salutarla e ho ripercorso la strada al contrario. Ho visto quell’auto bruciata ma non ho collegato le due cose”.
Certo è che Sara ha chiesto aiuto, ma nessun automobilista si è fermato. Il sostituto procuratore di Roma Maria Monteleone lo dice con amarezza: “Se qualcuno si fosse fermato Sara sarebbe ancora viva”.
Paduano l’aveva aggredita 7 giorni prima
Dalle indagini dei pm (che hanno pure acquisito dai dati da Facebook) è emerso che Paduano aveva già aggredito Sara sette giorni prima di ucciderla: la 22enne studentessa aveva avuto un acceso diverbio con il giovane vigilante, che l’aveva strattonata e spaventata. A raccontarlo era stato lo stesso Paduano che agli inquirenti aveva “descritto quanto accaduto la settimana precedente (l’omicidio, ndr), quando egli, non ricevendo risposta da Sara ai suoi messaggi, l’aveva raggiunta trovandola in compagnia di Alessandro Giorgi e, con forza (strattonandola per un braccio) l’aveva costretta a parlare con lui, fatto che, come dichiaratogli dalla stessa Sara, le aveva generato uno stato di agitazione”.
La difesa dell’ex, “non so come è andata, faccio uso di cannabis”
Il gip Paola Della Monica – dopo l’ interrogatorio di garanzia – aveva definito Paduano una “persona totalmente inaffidabile“, meritevole di restare in carcere per aver riferito “circostanze false” e per un concreto pericolo di fuga. Lo stesso vigilante, nei verbali dell’interrogatorio, aveva ammesso di aver raccontato alla polizia sempre cose diverse: “Non saprei ricostruire perfettamente la scena, ho dato una versione nei giorni scorsi, probabilmente ne darò altre. Mi sono state proposte delle ipotesi su come potrebbe essere andata la vicenda, io ne ho in mente varie, non so quale sia quella vera. Faccio uso di cannabis – si era poi giustificato -. Il quantitativo di stupefacente che mi è stato ritrovato ce l’ho da Natale e solo per mio uso personale”.
L’autopsia: Sara era già morta quando fu bruciata
Il nodo della premeditazione. Paduano aveva poi negato di aver pianificato il delitto: “Innanzitutto contesto che si sia trattato di un gesto premeditato”, aveva affermato. Su questo, il gip gli aveva dato ragione ma solo perché all’epoca (l’indagine della Procura era ancora alle battute iniziali) non c’erano elementi sufficienti per ritenere che si trattasse di un gesto premeditato. Per il giudice Della Monica, era “plausibile che Paduano si fosse dotato della sostanza infiammabile per danneggiare l’autovettura e che l’avesse, a tale scopo, portata con sé quella sera. In altri termini il solo possesso dell’alcool non si ritiene possa dimostrare la sussistenza dell’aggravante”.
Paduano è stato quindi accusato dei reati di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai futili motivi e dalla minorata difesa, e poi di stalking e distruzione di cadavere. Per il gip “le modalità del fatto e la sproporzione fra la situazione oggettiva, aver trovato la fidanzata oramai lasciata da oltre un mese in compagnia di un altro ragazzo, e la reazione, resa evidente dalla tragica fine della donna, porta a ritenere – aveva scritto il magistrato – che la gelosia, certamente causa scatenante, sia stata l’occasione per la manifestazione di una volontà punitiva nei confronti della vittima assolutamente ingiustificabile”.
“Ho acceso una sigaretta, eravamo vicini, c’è stata una fiammata”
Il vigilante aveva raccontato: “Io non ho aggredito Sara, lei è scappata dalla macchina perché avevo già aperto la bottiglietta di alcool e l’avevo versata in macchina. Io le sono corso dietro. Non ho usato l’accendino. Non l’ho fatto apposta. Non era mia intenzione. Abbiamo litigato. Non ho capito niente, volevo spaventarla. Sono un mostro. L’ho fermata, abbiamo continuato a discutere… Ho perso la testa e basta. Avrei preferito esserci io al suo posto – aveva aggiunto il vigilante quella sera -. La macchina era già accesa, gli davo fuoco io con l’accendino. Avevo versato tutto l’alcool in macchina ma Sara si era sporcata. Non ho colpito Sara. Sono scappato, mi vergognavo. Ho acceso una sigaretta, eravamo vicini, stavamo continuando a discutere, c’e’ stata una fiammata. Me ne sono andato. Mi vergognavo”.
Articolo scritto da Redazione PinkItalia