Femminicidi, caso Elena Ceste: parla l’Avv. Marco Meliti

Femminicidi, caso Elena Ceste: parla l’Avv. Marco Meliti

Michele Buoninconti è stato definitivamente condannato per aver ucciso Elena Ceste, sua moglie, scomparsa da Costigliole d’Asti, in Piemonte, il 24 gennaio 2014. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione.

Nella sua requisitoria il procuratore generale Giuseppina Casella aveva chiesto la conferma della condanna, sottolineando che l’uomo aveva ucciso la donna spinto dall’esigenza “di rafforzare il proprio dominio unitamente a un sentimento di vendetta di fronte a tradimenti comprovati”.

Buoninconti è stato definito uomo con “personalità malvagia, che non ha mai mostrato pentimento e che non merita attenuanti: ha ucciso la moglie per il più atavico dei sentimenti maschili, la sete di dominio e un malinteso senso dell’onore. Si è trattato così di “chiara e premedita volontà omicida e di una evidente volontà di depistare i sospetti e sviare le indagini”, ha spiegato il procuratore.

femminicidi-caso-elena-ceste-parla-lavv-marco-meliti-home
Michele Buoninconti è stato definitivamente condannato per aver ucciso Elena Ceste, sua moglie

“Elena Ceste scomparve mentre il marito era andato ad accompagnare i figli a scuola. Lui ne denunciò l’allontanamento ai carabinieri aggiungendo che non si sentiva bene e avrebbe manifestato uno stato confusionale”, ricorda l’avvocato Marco Meliti, presidente DPF, Associazione Italiana di Diritto e Psicologia della Famiglia.

E nonostante fosse pieno inverno, Buoninconti ha detto che si era allontanata da casa nuda. Lo avrebbero dimostrato gli indumenti, piegati accanto al cancello che divide la strada dal cortile. Inoltre, non aveva con sé cappotto, cellulare e occhiali da vista, indispensabili per lei, che non se ne separava mai.

“All’inizio di questa tragica vicenda sono state tante le ipotesi avanzate: dall’allontanamento volontario al suicidio senza tuttavia scartare nemmeno l’idea dell’omicidio”, spiega Meliti.

Nove mesi dopo, il 18 ottobre 2014, venne ritrovato il corpo, ormai irriconoscibile. Buoninconti venne iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario e occultamento di cadavere. Inizialmente fu un atto dovuto. C’erano accertamenti da compiere, l’autopsia da effettuare e, per gli inquirenti, era necessario procedere contro Michele Buoninconti.

Nel gennaio 2015 fu arrestato poiché secondo il Giudice delle indagini preliminari di Torino, Giacomo Marson “Elena Ceste dalla sua abitazione è uscita morta, uccisa dal coniuge che l’aveva sorpresa appena dopo essersi lavata e prima di potersi rivestire”.

femminicidi-caso-elena-ceste-parla-lavv-marco-meliti
ELENA CESTE

Tra i due, secondo gli inquirenti, i rapporti erano tesi. Elena era ormai giudicata “una moglie e una madre inadeguata; una donna infedele e inaffidabile, dedita a coltivare rapporti virtuali con il computer e, quindi, da raddrizzare”.

Durante le indagini preliminari alcune intercettazioni ambientali hanno colto Buoninconti mentre cercava di spaventare i figli sulle cose da dire e quelle da omettere nel caso fossero stati interrogati. Condizionamenti e minacce che lui avrebbe ripetuto nei confronti dei bambini già duramente colpiti dall’assenza della mamma.

C’è una frase che ha impressionato tanto gli inquirenti: “Mi tolgono i bambini? Meglio così, risparmio un sacco di soldi”. Per il Tribunale dei minori non è stato un buon padre, indipendentemente dalla condanna e sotto ogni punto di vista. I quattro figli sono stati affidati ai nonni materni.

femminicidi-caso-elena-ceste-parla-lavv-marco-meliti
Elena Ceste, il marito con i suoi 4 figli

Tuttavia l’autore del delitto, che si è sempre professato innocente non è  stato punito con la massima pena prevista dal nostro ordinamento, ovvero con l’ergastolo poiché Buoninconti ha optato per il procedimento abbreviato.

“Si tratta di un rito speciale, alternativo a quello ordinario, nel quale l’imputato chiede di essere processato sulla base dei soli elementi probatori acquisti durante la fase delle indagini, senza svolgere la normale fase dibattimentale”, spiega l’avvocato Meliti eh aggiunge: “E’ una scelta difensiva possibile per qualsiasi tipo di reato e che, in genere, viene percorsa laddove si profili una condanna, oppure – come nel caso dell’ex vigile del fuoco di Costigliole d’Asti  – l’accusato ritenga che, allo stato, non vi siano sufficienti elementi e prove per sorreggere le tesi dell’accusa”. Il beneficio che deriva all’imputato dalla scelta del rito abbreviato è quello di ottenere, qualora venga riconosciuto colpevole, una riduzione di un terzo della pena prevista.

Cosa che ha reso possibile a Michele Buoninconti, descritto dall’accusa come uomo dalla “personalità malvagia che non ha mai mostrato pentimento e che non merita attenuanti”, di veder commutata la condanna all’ergastolo per l’uccisione della moglie con la reclusione a trent’anni.

Articolo scritto da Redazione PinkItalia