test Jolie: prevenire il tumore all’ovaio con test BRCA

Test Jolie: prevenire il tumore all’ovaio con test Brcaprevenire il tumore dell’ovaio con test BRCA

Angelina Jolie per prevenire il tumore alle ovaie qualche anno fa fece decise di fare il test BRCA1 e BRCA2, risultarono positivi e con coraggio decise di fare un intervento di asportazione delle ovaie e successivamente una mastectomia.

Il BRCA da allora viene chiamato per semplicità “test Jolie”.

A rilanciare l’importanza di questo semplice esame è Stefania Gori, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom): “Tutte le donne colpite da tumore all’ovaio facciano il test per la mutazione del gene BRCA e lo richiedano al proprio oncologo – ha dichiarato –  perché è fondamentale per loro stesse ma anche per le loro figlie”.

“Solo per il 2017 – spiega Gori – in Italia sono previsti circa 5.200 nuovi casi di questa neoplasia insidiosa e particolarmente grave, perché spesso non ha sintomi evidenti e la diagnosi nella gran parte dei casi avviene ormai in fase avanzata”.

Tuttavia la Ricerca ha fatto notevoli progressi ed oggi, contro questa forma di tumore, sono disponibili farmaci innovativi che si sono dimostrati capaci di aumentare la sopravvivenza delle pazienti, ma solo in quelle che presentano appunto la mutazione del gene BRCA, ovvero circa il 20-25% del totale dei casi.

Quindi, afferma Gori, “fare il test significa poter avere una importante possibilità di cura in più”. Ma non solo: la presenza della mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 – chiarisce l’esperta – può favorire l’insorgenza del cancro all’ovaio e al seno. Quindi, se una donna colpita da tumore all’ovaio ha questa mutazione, sarà opportuno fare il test anche, ad esempio, alle sue figlie sane. Se anche loro presentassero tale mutazione, dal momento che il tumore all’ovaio è una malattia influenzata da fattori ereditari, si potrebbe eventualmente ed in alcuni casi procedere alla rimozione delle ovaie e delle tube.

Una misura preventiva che riduce fino all’85% il rischio di ammalarsi di cancro all’ovaio. Il test può essere erogato gratuitamente alle donne con questa neoplasia.

Cos’è il BRCA1 e BRCA2

I geni coinvolti sono principalmente due: il BRCA1, la cui mutazione accresce il rischio a carico del seno, e il BRCA2, che aumenta anche quello a carico delle ovaie, ma anche di tube, prostata, e di melanoma. Il primo è stato identificato all’Università dello UTAH nel 1990 e clonato nel 1994 dalla società privata Myriad Genetics; il secondo è stato scoperto nello stesso anno da Michael Stratton e Richard Wooster, dell’Institute for Cancer Research, in Gran Bretagna.

Le forme mutate di BRCA1 e BRCA2 sono presenti, secondo le stime di Orphanet, una banca dati sulle malattie genetiche rare, in circa 1-5 donne su 10.000. La variabilità dipende ovviamente dalla diversa origine etnica della donna, poiché vi sono popolazioni nelle quali la prevalenza è un po’ più alta che in altre.

Essere positive per uno di questi geni porta il proprio rischio individuale di ammalarsi di cancro mammario nel corso della vita al 50-80 per cento (o più, in caso di compresenza di altre mutazioni), contro un rischio medio per una donna non portatrice di circa il 12-13 per cento.

L’asportazione delle mammelle non lo azzera del tutto, perché è impossibile asportare la totalità del tessuto ghiandolare, ma lo porta a circa il 5 per cento, quindi al di sotto della media comune. È importante dire che l’intervento, e soprattutto la successiva ricostruzione plastica con l’impianto di protesi, può rendere più complessa la diagnosi precoce e non esime le donne ad alto rischio dal partecipare a programmi di screening molto serrati.

Le complicanze dell’intervento possono essere importanti (legate all’anestesia o alla difficile cicatrizzazione). In alcuni casi, per fortuna molto rari, la ricostruzione totale del seno è risultata, a posteriori, impossibile.

Le alternative

Per una donna con un rischio così elevato, esistono delle alternative, nessuna delle quali, però, abbatte le percentuali di rischio quanto la mastectomia preventiva. È questa la ragione per cui alcune persone, specie se hanno assistito al decesso precoce di familiari stretti come la madre e le sorelle, preferiscono comunque ricorrere all’intervento.

Queste sono le alternative attualmente offerte dalla medicina:

  • Lo screening serrato.

L’obiettivo di questa tattica è di individuare il cancro al seno in fase talmente precoce da evitare un intervento di mastectomia. Secondo le linee guida dell’American Cancer Society, le donne con BRCA1 e 2 positivo devono iniziare a sottoporsi a mammografia, ecografia e risonanza magnetica della mammella ogni anno a partire dai 30 anni. Dopo i 40, alcuni centri eseguono la mammografia e la risonanza magnetica con cadenza annuale, inframmezzata da un’ecografia ogni sei mesi. Altri programmi ancora più serrati sono disponibili a richiesta del medico o anche della donna stessa. I vantaggi rispetto all’intervento sono evidenti, ma i contro sono la possibilità che, data l’aggressività dei tumori legati a determinate mutazioni, questi si sviluppino nel periodo tra un controllo e l’altro, e la possibilità che la malattia venga individuata in fase precoce ma non tanto precoce da evitare il ricorso alla mastectomia e alla chemioterapia. Inoltre è possibile che donne ad alto rischio sviluppino un cancro al seno in entrambe le mammelle, in momenti diversi. Secondo stime effettuate negli Stati Uniti, tale strategia porta il livello di rischio individuale a circa il 20 per cento, quindi un po’ superiore alla media.

  • L’uso di farmaci.

Si tratta di una strategia efficace, che riduce il rischio bloccando gli effetti degli estrogeni sul seno con farmaci antiestrogenici come il tamoxifene. Tale strategia, studiata anche in Italia presso l’Istituto europeo di oncologia grazie al contributo di AIRC, da sola, dimezza il rischio individuale, portandolo quindi tra il 25 e il 40 per cento a seconda dei casi. Non è una scelta priva di effetti collaterali, poiché l’uso del tamoxifene induce una menopausa precoce e può, in alcuni casi, favorire la comparsa di tumori dell’endometrio.

  • L’asportazione delle sole ovaie.

Secondo alcuni è una strategia meno invasiva dell’asportazione delle mammelle, perché non modifica l’immagine corporea. Poiché le ovaie sono gli organi che producono gli ormoni estrogeni, togliendole si ottiene un effetto simile a quello dei farmaci antiestrogenici e, ovviamente, si induce la menopausa. È una strategia poco attuabile nel caso in cui si desideri avere dei figli e in donne giovani, ma può essere utile in donne di età più avanzata. Anche in questo caso il rischio si dimezza, attestandosi tra il 25 e il 40 per cento. Se invece si considera il cancro dell’ovaio (favorito dalla forma mutata del BRCA2), l’asportazione ne azzera il rischio, ovviamente a fronte di una menopausa indotta chirurgicamente.

fonte Ansa Airc

Articolo scritto da Redazione PinkItalia